A “1 Football Club”, programma radiofonico condotto da Luca Cerchione in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Enzo Bucchioni, giornalista e scrittore. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Direttore, Gattuso stasera deve ridurre la differenza reti con la Norvegia più per dignità che per classifica, visto che ormai siamo destinati ai play-off. È così?
“Sì, l’abbiamo capito purtroppo da tanto tempo, perché la Norvegia non ha mollato e non mollerà. È una squadra che in questo momento esprime grande gioco e grande fisicità: la conosciamo, sta vivendo forse uno dei momenti migliori della sua storia calcistica. Dobbiamo prenderne atto e focalizzarci sui playoff di marzo, che decideranno ancora una volta il nostro futuro, come nelle ultime due occasioni.
Stasera serve una prestazione dignitosa. In chiave Mondiale, gli esperimenti sono finiti: vorrei capire, ad esempio, le condizioni di Scamacca, un giocatore che cercherà di recuperare proprio stasera. Quindi ci limitiamo a valutare atteggiamento, personalità e risposte tattiche. La partita con la Norvegia di domenica, invece, avrà un sapore diverso: devi cominciare a far vedere che, essendo l’Italia, quel 3-0 dell’andata è solo un ricordo e che qualcosa è migliorato. L’autostima si costruisce anche in una gara che, sul piano pratico, conta poco, ma che in chiave futura ha un grande valore.”
Il polverone mediatico che ha sollevato Conte, che scopo ha?
“L’obiettivo è dare la famosa scossa, far capire alla squadra che lui fa sul serio. È un confronto diretto: in un certo senso il messaggio è chiaro. Se il problema sono io, se non ci capiamo, se non volete fare quello che chiedo, allora posso fare anch’io un passo indietro. È una sfida: guardiamoci negli occhi, mettiamo le carte sul tavolo e capiamo fin dove possono arrivare questi giocatori e dove si può intervenire, anche a livello societario. Non a caso la società è scesa subito in campo a difesa dell’allenatore, in modo forte e chiaro. È un braccio di ferro di cui non conosco l’esito. Conte è capace di grandi gesti: l’ha già fatto nella sua carriera. Il punto è che molti non capiscono Conte: lui tutti i giorni vuole vedere mentalità, crescita, un gruppo che lo segua verso obiettivi sempre più alti. Questo suo modo di lavorare lo ha portato allo scudetto nella passata stagione, ma può essere faticoso da sostenere. Per Conte sarebbe inaccettabile restare a vedere una squadra che si scioglie, un “morto che cammina”, come ha detto lui. Questa settimana sarà decisiva: i giocatori parleranno e lunedì dovranno dirgli chiaramente se vogliono seguirlo o no. La risposta, sinceramente, oggi non ce l’ha nessuno, nemmeno Conte.”
Lei dice che questa settimana è fondamentale, ma Conte non si è presentato a Castel Volturno: perché?
“E questo è un segnale ancora più forte. È come dire: non sto scherzando. Posso anche restare a casa.
Volete andare avanti senza di me? È possibile, forse anche probabile. Io sono disposto a fare un passo indietro. Questo gesto è persino più eclatante delle parole dette dopo la partita di Bologna. Pretende una risposta dai giocatori: se lunedì rientra e trova gli stessi occhi spenti, la stessa poca voglia di seguirlo, allora questa settimana potrebbe anche prolungarsi o finire in modo drastico. È una strategia forte per scuotere tutto e tutti.”
C’è chi sostiene che, da uomo di spogliatoio, già da martedì doveva essere a Castel Volturno, anche solo con dieci calciatori. Lei cosa ne pensa?
“Capisco la sensazione, ma, come dicevo, potrebbe essere una mossa studiata proprio per smuovere l’ambiente. È un gesto forte, che vuole un effetto forte.”
Al netto degli alibi, pensa che Conte stia vivendo una prima crisi tattica con questo Napoli?
“Sì, ci sono stati errori. Conte è grandissimo, ma la perfezione non esiste. Gli infortuni muscolari sono troppi: può essere casualità, certo, ma qualcosa è cambiato rispetto all’anno scorso. Probabilmente è stata aumentata l’intensità degli allenamenti, pensando al doppio impegno. Dal punto di vista tattico, l’inserimento di De Bruyne ha complicato le cose: è un campione e va collocato in modo coerente con la filosofia di squadra. Il passaggio al 4-1-4-1 non ha funzionato subito. Qualche certezza si è persa.
Il Napoli l’anno scorso aveva meccanismi perfetti, e l’ingresso di un nuovo elemento centrale ha fatto evaporare alcune certezze. Poi, se il gruppo non ti segue, tutto diventa ancora più difficile.”
Lei conosce bene Conte: ha davvero paventato le dimissioni? Come legge la smentita di De Laurentiis?
“Amicizia e conoscenza professionale sono due cose diverse. Io conosco Conte da trent’anni per lavoro, non come amico. Non so se domenica sera abbia rassegnato le dimissioni, ma so che la sua storia parla chiaro: lo ha già fatto alla Juventus, all’Inter, al Tottenham. Conte se ne va quando sente di non poter più lavorare come vuole. Il suo modo di allenare è questo: ti piace o non ti piace, ma lo prendi proprio per quello. Se il gruppo non riceve più il suo messaggio e lui deve alzare l’asticella da solo, subentra la frustrazione. Quindi lo scenario è apertissimo: tutto dipenderà dall’atteggiamento dei giocatori e dal ruolo della società. Quanto alla smentita di De Laurentiis, l’ho letta come una strategia per dire: non sta succedendo nulla, calmiamoci, non facciamo esplodere tutto. Ma la situazione va rimessa in ordine, perché la gara di Bologna è stata un punto di non ritorno. E alcuni segnali negativi, come quelli visti col PSV, sono ferite ancora aperte nel mondo di Conte.”
