Questa volta è sul serio: multe a chi ha il "Pezzotto"

 


Arrivano le prime condanne nell’ambito del processo nato dall’inchiesta che, nel dicembre 2024, portò allo smantellamento di una centrale Iptv attiva sul web e sui social. La piattaforma - il cosiddetto "pezzotto" - trasmetteva illegalmente palinsesti, serie tv e contenuti delle principali piattaforme di streaming.

Il giudice per le indagini preliminari di Napoli, Leda Rossetti, ha condannato due imputati: Cristian Fidato, a quattro anni e quattro mesi di reclusione e a una multa da 22mila euro, e Anatoliy Perrotta, a un anno e quattro mesi (pena sospesa).

L’indagine, condotta dalla guardia di finanza in collaborazione con il Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche di Roma, è coordinata dal pm Silvio Pavia e dal procuratore aggiunto Alessandro Milita.

Le multe agli utenti

Durante l’operazione furono identificati oltre seimila utenti abbonati al servizio illegale, che accedevano ai contenuti di Dazn, Sky, Amazon Prime Video e altre piattaforme. Dopo le condanne ai gestori, sono partite le sanzioni anche per loro. Sono in corso di notifica i verbali di contestazione a oltre 6mila abbonati individuati durante l’inchiesta, con multe che variano da 51,33 euro fino a 5mila euro, in base alla gravità della violazione e alla recidiva.


L'inchiesta del dicembre 2024

La centrale Iptv era gestita da una rete organizzata con una base a Napoli. 

Il promotore del sistema - finito in carcere - aveva allestito una sala server e un impianto di criptomining, utilizzato anche per incassare pagamenti in valuta virtuale. Parallelamente, commercializzava su WhatsApp video e foto pedopornografici: circa 1600 file sono stati trovati nella sua abitazione. Tre in totale le misure cautelari eseguite.

In quattro anni, offrendo abbonamenti illegali a 10 euro al mese o 80 euro l’anno, l’organizzazione ha incassato oltre 850mila euro. I pagamenti venivano effettuati su conti italiani ed esteri oppure in criptovalute versate su 64 wallet digitali, poi sequestrati.

Le indagini hanno portato all’inibizione di 46 siti, tra cui il “sito madre” che, tramite un sistema di reindirizzamento, permetteva di aggirare i blocchi. Nella sede della centrale, i finanzieri hanno trovato anche una serra indoor per la coltivazione di cannabis.



Fonte Napoli today