Marco Pantani e quel giro "rubato"...


Marco Pantani volò via la notte di San Valentino del 2004, quando il suo corpo ormai senza vita fu ritrovato in un modesto albergo di Rimini, stroncato da un'overdose di cocaina.

Ma, nell'immaginario collettivo nazionale, la favola del pirata era finita quel maledetto 5 giugno del 1999, quando alle 10 del mattino le agenzie cominciarono a battere la clamorosa notizia: i valori dell'ematocrito di Pantani sono risultati oltre la norma.

Avevamo pedalato con lui sul Mortirolo e all' Alpe d'Huez, a Selva di Val Gardena e sul Galibier, vincendo Giro e Tour con imprese epiche.

Avevamo sofferto nel '95 quando si schiantò contro un'autovettura in sosta e nel '97, quando una caduta in corsa gli causò la lacerazione delle fibre muscolari di una coscia.

Ma quella cosa, il doping, non potevamo perdonargliela.
Ci sentimmo traditi perché con lui avevamo di nuovo creduto nella bellezza dello sport, della fatica, dell'allenamento.
Avevamo creduto a quel campione allevato a piadine e pedalate, pastasciutta e montagne.

Marco, stordito, provo' subito a giustificarsi: "C'è qualcosa di molto strano" disse. La sua squadra, incredula, si ritirò dal Giro. Paolo Savoldelli, subentrato al primo posto in classifica, rifiutò di partire con la maglia rosa. Ma le controanalisi confermarono tutto: era doping.

"Mi sono rialzato dopo tanti infortuni e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo, rialzarsi sarà per me molto difficile".

 Questo disse il Pirata e poi spari' per mesi, in preda ad una forte depressione.

Tornò a correre nel 2000, ma non era più lui. I suoi occhi erano ormai spenti, incapaci di immaginare quelle imprese che lo avevano reso celebre.
Imboccò il tunnel della cocaina, in fondo al quale trovò solo la morte.

La famiglia rifiuto' da subito l'ipotesi suicidio: troppe cose non tornavano nella cosiddetta scena del crimine, lividi sospetti furono ritrovati sul corpo del ciclista.

La madre sostenne che il figlio era stato assassinato perché a conoscenza di qualche scomodo segreto sul doping, sulla sua squalifica, sul mondo delle scommesse clandestine nel ciclismo.

Nel 2007 il bandito Vallanzasca scrisse alla signora Pantani raccontando che, 5 giorni prima dei fatti di Madonna di Campiglio, un amico habitué delle scommesse clandestine gli disse: "Scommetti contro Pantani, il giro non lo vincerà certamente lui".

Oggi, apprendiamo dalle intercettazioni ottenute dalla Procura della  Repubblica di Forli' attraverso una 'cimice' piazzata nell'appartamento di un camorrista, che "un clan intervenne per far alterare il test dell'ematocrito e far risultare Pantani fuori norma".

Dalle successive indagini "sono emersi elementi dai quali appare credibile che reiterate condotte minacciose ed intimidatorie siano state effettivamente poste in essere nei confronti di svariati soggetti coinvolti nella vicenda del prelievo ematico". In pratica, uno o più medici furono minacciati per alterare il sangue di Pantani e farlo risultare fuori norma, attraverso un metodo scientifico denominato 'deplasmazione'.

Forse, il povero Marco era davvero innocente, forse no. Ma questa inchiesta, che non potrà restituirlo all'affetto dei suoi cari, restituisce a tutti noi il dolce ricordo delle meravigliose imprese del Pirata, quando una nazione intera staccava il resto del mondo in salita, spingendo sulle fragili gambe di un omino pelato.

Perdonaci Marco, perdonaci per non averti creduto.




Antonio Milucci

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