Il coraggio di un arbitro, perchè Irrati non sarà il solo ad alzare la voce...


Chi scrive questo articolo è un ex arbitro di calcio.

 Ho preso il tesserino nel lontano 1991, superando con emozione e tanta voglia  l'esame per diventare giacchetta nera col CSI (Centro Sportivo Italiano). 

Il CSI, da sempre è una grande famiglia, dove si insegnano le vere regole dello sport, prima tra tutte l'educazione. 

La cosa che più mi piacque quando studiavo per diventare arbitro è una frase che ci ripetevano sempre i nostri corsisti di turno: "Ricordatevi che voi non siete in campo per punire, ma per educare. L'arbitro è, infatti, un educatore funzionale"

Quelle parole mi sono entrate nella testa e lo erano ogni qualvolta scendevo in campo, magari da solo, senza guardalinee, arbitri anche loro, che potevano darmi una mano per segnalare un fuorigioco o meno. 

Si, ero diventato un educatore funzionale e non una persona che stava  in campo per punire. Difficile da spiegare, più facile se andiamo a rivedere quello che è successo ieri sera all'Olimpico di Roma. 

Nel calcio, come nella vita, ci vuole coraggio e questo coraggio ha un nome e cognome: Massimiliano Irrati. 

Da solo, ed in quattro minuti, ha fatto molto di più di quello che avrebbero dovuto fare tanti politici dello sport in tutti questi anni e che invece hanno fatto finta di non vedere, ascoltare, segnalare, punire, risolvere.

Massimiliano Irrati, così come Rocchi nel 2013,  ha sospeso un match che filava liscio verso la vittoria di una squadra perchè da una curva, l'ennesima curva di uno stadio italiano, erano partiti cori di discriminazione razziale verso i napoletani e verso un giocatore colpevole di avere la pelle nera. 

Massimiliano Irrati, arbitro toscano della sezione di Pistoia, ha prima segnalato i cori al quarto uomo, poi ascoltandoli  ancora, ha fermato il gioco e lo ha sospeso. 

Massimiliano Irrati, forse non si è reso conto di quello che stava facendo per il calcio italiano proprio in quel momento. No, o forse si, visto che abbiamo scritto che ha avuto tanto coraggio. 

L'arbitro ha detto basta!  Impossibile ascoltare nel 2016, ancora una volta, cori di discriminazione razziale in uno stadio di calcio, luogo dove bisognerebbe assistere solo ad una partita.

La punizione che verrà, e che il giudice assegnerà alla Lazio ed ai suoi tifosi, a me personalmente non interessa; quella curva, quelle curve le possono chiudere per un turno o per il resto del campionato, a me interessa vedere che il movimento calcio si sia finalmente mosso per risolvere la questione, o forse non è così.

Noi arbitri lo speriamo, ed in fondo lo sperano tutte le persone di buon senso di questo paese, che in fin dei conti è ancora uno dei più belli del mondo, ma per continuare ad esserlo ci vogliono tanti cambiamenti prima di tutto politici. 

Ricordate l'Inghilterra con gli hooligans ? Venticinque anni fa, quindi, già  in un periodo post-decisione governo Thatcher di portare in galera gli hooligans, il governo inglese decise che negli stadi d'oltremanica comandavano gli arbitri. 

Se, infatti, la giacchetta nera notava disordini e scontri sugli spalti, aveva tutta la facoltà di sospendere il match. Qui non chiediamo questo e cioè di portare i tifosi in galera. No! Nessuno lo vuole, ma almeno chiediamo di cambiare il movimento calcio con l'educazione. 

Perchè cantare "Vesuvio lavali col fuoco" od ascoltare i "Buu razzisti" verso un giocatore di colore è anacronistico così come la mentalità degli stupidi delle curve. 

Il calcio italiano può ripartire e lo può fare alla grande.

Irrati insegna, Irrati educa, i politici facciano il resto...






Massimiliano Alvino

Ex Arbitro di calcio Centro Sportivo Italiano

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