Scontri Inter-Napoli: agguato in stile militare


Vanno condannati senza alcuna attenuante, per la «gravità» di quell'agguato in «stile militare» con spranghe e coltelli contro i tifosi napoletani, cinque dei sei ultrà arrestati dopo gli scontri del 26 dicembre, prima di Inter-Napoli, in via Novara a Milano, a meno di due chilometri da San Siro e in cui perse la vita Daniele Belardinelli. E la pena più alta, cinque anni, otto mesi e 10 giorni di reclusione, deve essere inflitta a Nino Ciccarelli, storico capo del gruppo dei Viking della curva nerazzurra, che ha già 12 anni di carcere alle spalle, anche per tentato omicidio.

Le richieste di condanna, già scontate di un terzo per il rito abbreviato, sono state formulate dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dai pm Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro davanti al gup Carlo Ottone De Marchi nell'aula bunker davanti al carcere milanese di San Vittore. In udienza era presente anche la moglie di Belardinelli, l'ultrà del Varese (tifoseria gemellata a quella interista e che partecipò alla guerriglia, assieme a ultrà del Nizza) morto dopo essere stato investito da una o due auto della carovana dei supporter partenopei. La donna, però, ha deciso di non costituirsi parte civile contro gli ultrà in questo filone con al centro il reato di rissa aggravata dalla morte del tifoso, mentre potrebbe farlo nella tranche ancora aperta per arrivare ad individuare chi travolse e uccise il marito e nella quale si ipotizza l'accusa di omicidio volontario. Neanche i tre tifosi azzurri, rimasti lievemente feriti, si sono costituiti parti civili contro gli imputati nel processo iniziato oggi.

I pm, intanto, hanno chiesto anche tre anni, otto mesi e 20 giorni per Marco Piovella, detto il Rosso, l'imprenditore-designer ritenuto il capo dei Boys, altro gruppo della curva interista. E ancora quattro anni, quattro mesi e 20 giorni per Alessandro Martinoli, ultrà del Varese che il giorno di Natale, come Piovella, era a casa di Belardinelli, dove, stando alle indagini, sarebbe stato preparato il blitz di Santo Stefano contro i napoletani che risposero scendendo dalle auto. Chiesti, poi, due anni, 11 mesi e 10 giorni per altri due ultrà nerazzurri, Francesco Baj e Simone Tira, anche loro ancora in carcere da fine dicembre.

È libero, invece, ma non si è presentato in udienza, Luca Da Ros, il 21enne che, rompendo il muro di «omertà» delle curve, ha collaborato alle indagini e ora punta a patteggiare un anno e 10 mesi. «Ha ripreso a studiare e non ha paura, lui ha ammesso le sue responsabilità ma le sue dichiarazioni non sono state determinanti per le imputazioni degli altri», ha voluto precisare l'avvocato Alberto Tucci.

Il gup deciderà sul patteggiamento il 21 marzo e il giorno prima emetterà sentenza per i cinque processati. Per gli avvocati Mirko Perlino, Antonio Radaelli e Omar Gaafar, che oltre alle assoluzioni su alcune imputazioni hanno chiesto almeno la concessione delle attenuanti generiche, le richieste di condanna sono «eccessive e sproporzionate». Nel frattempo, il gip Guido Salvini ha convalidato per Ciccarelli, che ha ammesso di aver accoltellato un ultrà napoletano, un Daspo per otto anni con obbligo di «presentazione» alle forze dell'ordine quando sono in corso le partite dell'Inter. Infine, malgrado il no dei pm, il gup ha revocato il divieto di incontro a San Vittore dei cinque ancora in carcere.




Fonte: IlMattino