Il Milucci pensiero: azzurri con la testa altrove 



Ci tocca trovare una spiegazione alla netta sconfitta subita dal Napoli contro l'Atalanta. 

Se la cerchiamo nelle statistiche non la troviamo. Contro i bergamaschi il Napoli ha avuto il doppio del possesso palla (66% contro 34%), più del doppio dei passaggi riusciti (554 contro 241), più del doppio dei tiri verso la porta avversaria (20 a 8). 

Se la cerchiamo nella forma, gli azzurri erano la squadra con la striscia positiva migliore del campionato (14 partite senza sconfitta) e andavano a segno da 18 partite consecutive. Nelle ultime tre partite il Napoli aveva segnato addirittura 13 reti. Ma, soprattutto, i partenopei avevano segnato 60 reti nelle prime 25 partite. Per trovare un attacco cosi prolifico in sole 25 giornate di campionato bisogna risalire al 1960, 57 anni fa. 

Qualcosa comincia a chiarirsi quando cerchiamo i precedenti tra Sarri e Gasperini: in sette partite giocate 0 successi del toscano, 5 pareggi e le 2 vittorie dell'Atalanta in questo campionato. 

Evidentemente, il gioco di Gasperini, fatto di marcature uomo contro uomo in ogni zona del campo, è una sorte di kryptonite per le squadre di Sarri. 

Ulteriore conferma a questa teoria viene dal fatto che, se si escludono le due partite perse con l'Atalanta e quella con la Juventus, squadra  idealmente iscritta ad un campionato a parte, l'unica altra sconfitta degli azzurri in questo campionato è quella con la Roma (prossimo avversario ndr) quando Spalletti adottò lo stesso modulo di Gasperini (3412 con marcature a uomo a tuttocampo). 

Un'altra possibile spiegazione la dobbiamo cercare nella forza dell'Atalanta: infatti, se si escludono le prime cinque partite di campionato, nelle quali i bergamaschi avevano raccolto la miseria di 3 punti (contro gli 11 degli azzurri), nelle rimanenti 20 giornate il parziale è di 45 punti contro i 43 del Napoli, 48 a 43 se aggiungiamo i tre punti conquistati ieri. 

Certo, non possiamo negare che quello visto contro l'Atalanta sia stato il Napoli più brutto della stagione. E non serve a nulla appellarsi alle due traverse colpite da Insigne e Mertens per giustificare la sconfitta. 

I ragazzi di Sarri hanno dato l'impressione di avere la testa altrove, forse ai prossimi big match che li vedranno di scena prima allo Juventus Stadium per la semifinale di andata di Coppa Italia, poi all'Olimpico contro la Roma e, infine, al San Paolo nel ritorno degli ottavi di finale di Champions League contro il Real.

Sarebbe servito un po' di turn over, visto che, fatta eccezione per il diffidato Koulibaly, contro i bergamaschi è scesa in campo la stessa squadra di Madrid, quella che ormai viene considerata la formazione titolare? 

Ne dubitiamo: l'unico nuovo innesto, Maksimovic, è stato di gran lunga il peggiore in campo. Inoltre, se i giocatori più rodati non sono riusciti a tenere testa ai terribili enfant prodige nerazzurri, figuriamoci quelli con meno minuti nelle gambe e meno inseriti negli schemi di Sarri. A nostro parere si sarebbe rischiato una disfatta ancora più pesante. 

Bisogna rendersi conto che certe partite le perde la squadra tutta, non solo gli 11 + 3 che vanno in campo. E che, quando gli impegni si fanno serrati e bisogna restare concentrati e al top per settimane intere, l'unico aiuto è l'esperienza di calciatori abituati a simili tour de force, sia fisici che mentali. Troppi giocatori dell'attuale rosa azzurra non sono avvezzi a tali stress prolungati. E questo, di solito, si paga proprio nella partita che preoccupa di meno, contro l'avversario di minor nome. 

Con i giocatori esperti non si fanno plusvalenze, ma spesso si vincono i campionati. Juventus docet. Meditate gente, meditate. 

Antonio Milucci per Sportmagazinenews 

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